Anna Ghiaccio è sopravvissuta all’amore.
Anna non distingue un pulviscolo nell’occhio da una pietra sul cuore.
Anna è un canto in un silenzio di ghiaccio e ha una storia da raccontare.
Anna si aggrappa a una canzone per respirare un po’.
È difficile giudicare i fatti che occorsero a madre e figlio sul Monte Kukuràke, non ci
sono testimoni, solo la voce di Anna Ghiaccio.
Che cosa ha ostacolato il suo progetto di gloria?
Chi ha impedito che si avverasse il grande sogno di una madre?
Anna dice il vero? Cos’è realmente accaduto quel giorno sul Kukuràke?
Cos’è accaduto alla nostra capacità di essere umani?
Dopo avere creato sulla scena la figura archetipica LILITH con l’intelligenza e il corpo di Angela Antonini, ho cominciato a sognare liberamente un altro personaggio di fantasia: Anna Ghiaccio.
Anna Ghiaccio trae lontanissima ispirazione da La regina delle nevi di Andersen. È una nuova creatura che studio in relazione a un’altra intelligenza, a un altro corpo sensibile, una creazione per Isadora Angelini.
Come è accaduto con Lilith desideravo condurre Isadora Angelini in una dimensione fantastica. E come visione e come esperienza performativa. Con fantasia, ché senza fantasia, non si può immaginare un altro mondo né poetico né politico.
Ecco! Incominciamo. Quando arriveremo alla fine di questa storia, ne sapremo più di quello che sappiamo adesso.
Comincia così La regina delle nevi di Andersen.
Che poi è l’inizio di ogni ricerca.
Ora alla fine del processo qualcosa in più si sa. Della fiaba è rimasta la libertà di un fuori dal quotidiano e una lingua che si mischia di ghiaccio e insetti. Per il resto è nato un mostro vorrei dire, uno strano umano, commosso, emotivo e gelido. Quasi adorabile. Anna è melodrammatica perché anaffettiva? O è sconquassata da un pathos che deve raggelare? Recita la sua performance o è vero dolore? C’è forse della vanità in questo dolore? Dove termina l’autentico e dove comincia la rappresentazione? Come distinguere la performance dalla realtà? Come distinguere un pulviscolo nell’occhio da una fitta nel cuore?
Cosa significa oggi essere umani?
«(…) Anna Ghiaccio, interpretata da Isadora Angelini, direttrice e fondatrice insieme a Luca Serrani del Teatro Patalò, produce una nuova variante scenica di quella ricerca. Se infatti Etoile si concentrava sulla danza in cui curiosamente un attore si affidava totalmente al gesto rinunciando alla parola e una danzatrice che, al contrario, cercava di far emergere il verbo dal movimento, in Anna Ghiaccio la protagonista diventa la voce. Non fraintendetemi: il corpo è sempre il principale compositore della partitura drammaturgica, ma in questo pezzo è la voce che disegna le melodie, i toni, le dinamiche, le emozioni di un percorso narrativo. Il testo si costruisce infatti su un abile intreccio di note canzoni d’amore da Amandoti dei CCCP, a Ma che freddo fa di Nada, a La costruzione di un amore di Mia Martini (e altre). Non si tratta del bel canto, di uno sfoggio della voce, ma di trarre dall’espressione vocale tutte le gradazioni di dolore, vuoto, abbandono, frustrazione, tradimento, cinismo in grado di dare a questa madre che ha perso un figlio uno spessore e una consistenza emotiva che conduca lo spettatore nella terra ghiacciata in cui l’umano è soppresso o, quanto meno, congelato. La domanda che affligge Rita Frongia si rende concreta ed evidente attraverso la voce che si fa carne di Isadora Angelini: cosa è accaduto alla nostra capacità di essere umani? (…)»
«(…) Il finale, uno dei più difficili che abbia visto per un attore, ci lascia con le nostre domande e con un certo disagio nell’animo. Anna ghiaccio si dissolve nel buio, svanisce come il figlio davanti ai nostri occhi con un’espressione nel viso e nel corpo di tale desolazione, vuoto, dolore da rimanere folgorati. Il viso è come spezzato, infranto, gli occhi immobili congelati in una accorata richiesta d’aiuto e di senso, il corpo desolato, abbandonato. Sembra non esserci consolazione per Anna, e forse anche per noi che abbiamo abbandonato ogni sentimento ed empatia verso l’altro. Si rimane così per qualche istante, un tempo lunghissimo seppur breve, a condividere quelle sensazioni terribili, per poi tornare come sempre a noi stessi, alle nostre scuse e alle storie che ci siamo inventati per sopravvivere alle nostre miserie. In quest’ultima immagine vi è tutta la sublime bellezza di questo spettacolo. Sublime nel senso che ci fa prendere contatto con il tremendo. Come nella tragedia attica. E sublime anche perché ci ha fatto testimoni di una grande prova d’attrice, della sapienza antica del teatro che con la danza del corpo e della voce ci rende manifesta la nostra intima natura e, da ultimo, ci fa ridere nel pianto. Dal teatro non si può chiedere di meglio».
Enrico Pastore _ Anna Ghiaccio di Rita Frongia: del sublime e del tremendo
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«C’è l’amore per una città e l’amore per le persone. “Anna Ghiaccio” di Rita Frongia è uno spettacolo algido, o meglio, agghiacciante. Una donna. Un figlio. Una montagna da scalare. In scena Isadora Angelini canta un amore ibernato. La scena è un paesaggio invernale evocato da mucchi di cellophane, che richiamano cime innevate. Il ghiaccio è anche nei costumi argentei della protagonista, nella sua chioma nivea raccolta in un cono di pluriball. «Talvolta mi è difficile distinguere un pulviscolo nell’occhio da una fitta nel cuore» osserva la donna, in un mix di lucidità e follia. “Anna Ghiaccio” è un cocktail esplosivo di solitudine e dolore. Senza amore siamo patetici, a volte buffi, altre persino esilaranti. “Anna e il freddo che ha”. C’è anche una bellissima canzone incisa da Enrico Ruggeri con Andrea Mirò del ‘99, anno di nascita di Danae Festival: «Anna che vola e non c’è più». Ma cosa c’è dietro quella coltre di ghiaccio, dietro quegli occhi vitrei che regalano sorrisi e paradossi? Anna canta l’amore attraverso brani pieni di ossimori e blackout: “Amandoti”, “Sarà perché ti amo”, “Ma che freddo fa”, “Amore che vieni amore che vai”, “La costruzione di un amore”. È un canto sfasato, distorto, sempre fuori tempo, inseguendo le parole, assemblando contraddizioni. Molta ironia in questo spettacolo ritmato e strampalato, che nasconde i frammenti di uno psicodramma. Un cuore pietrificato. E forse il ghiaccio serve a lenire un trauma che brucia ancora e lascia lividi ed ematomi. Idea originalissima («amo gli spettacoli di Frongia perché non assomigliano a niente» ci dice uno spettatore) per un’attrice che padroneggia la scena interpretando un personaggio che è somma di tutte le antitesi».
Vincenzo Sardelli _ Krapp’s Last Post
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«(…) Rita Frongia ha creato, insieme a Isadora Angelini, un personaggio misterioso e affascinante, di ghiaccio (almeno di nome), ma anche di cuore. Una madre, ma prima di tutto un essere umano. Tra il pubblico non sono mancate le risate, ma non è uno spettacolo comico. Anna è un riflesso di un’umanità ferma in un luogo in cui bisogna stare attenti a camminare per non scivolare. Un’ottima interpretazione e un testo che combina diversi stati d’animo, che hanno fatto sorridere sì, ma soprattutto riflettere».
Roberta Usardi _Orecchio sordo e cuore ghiacciato: così si presenta Anna Ghiaccio, il nuovo spettacolo di Rita Frongia
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MILANO TEATRI
intervista di TiTo a Rita Frongia e Isadora Angelini
Dovesse esserci tra il pubblico di Zona K una Anna Ghiaccio, cosa vorreste che si portasse a casa dopo aver visto lo spettacolo?
R.
Una luce simile a quella di un cristallo di ghiaccio nella notte e la possibilità di aggrapparsi a una canzone per respirare un po’. Il desiderio di rivedere lo spettacolo e di fare amicizia con Anna. Portare a casa un cuore grande, più grande, sempre più grande.
I.
Un po’ di sollievo e un po’ meno di mostruosa solitudine. Una risata, una spaccatura nel duro del torace.
_intervista integrale
Anno 2024
2/3 novembre 2024 (debutto nazionale) ZONA K, Danae Festival (Milano), 16 novembre 2024 Tiqu Festival (Genova)